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Il mio viaggio per Rio - Prima parte

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Paraplegica a 18 anni

Ero il passeggero di quell’incidente in moto che ha cambiato per sempre la direzione della mia vita. Il conducente perse il controllo della moto e scivolammo giù sull’asfalto fino a finire su un muro di cemento. Io fui sbalzata dalla moto; il mio corpo colpì un segnale stradale, il mio casco volò via e oltrepassai una parete di cemento alta quattro metri e mezzo, cadendo poi per circa 9 metri lungo un ripido pendio, colpendo vari alberi e cespugli durante la caduta. Una mia amica, che ci seguiva con il suo furgone, mi trovò vari minuti dopo con le gambe divaricate e la mia faccia a terra in mezzo a queste. Quando mi trovò non respiravo. Mi ero rotta la schiena e altre 18 ossa, uno dei miei polmoni era collassato ed ero paralizzata dalla vita in giù. Le dissi che non riuscivo a respirare e le chiesi di tirarmi su la schiena. Poi provai a muovere le gambe e iniziai a ripetere in continuazione che ero paralizzata. Lì per lì non realizzai quanto il mio destino sarebbe stato messo a dura prova e quanto importante sarebbero state la determinazione e la forza di volontà.

Un grande aiuto dallo sport

Prima del mio incidente ero un atleta. Non c’era un singolo sport che non avevo provato o uno sport in cui non avrei appreso le tecniche in un batter d’occhio. Ero veramente fortunata, a livello atletico. Sarei potuta arrivare lontano fin dove avrei voluto in quasi tutti gli sport che praticavo. Nonostante tutte queste possibilità, avevo problemi a credere in me stessa. Sapevo da sempre di essere migliore di quello che mi permettevo di essere e odiavo me stessa per lasciare che i miei pensieri mi buttassero giù tutte le volte. Fu una battaglia che possono capire solo coloro che hanno sperimentato la depressione.

Da piccola il mio idolo era Mia Hamm. Ricordo quando lessi di come lei si allenasse ogni mattina prima del sorgere del sole; si allenava quando non c’era nessuno a guardarla. Rilessi quelle pagine del suo libro più e più volte, oltre a raccontare a chiunque di lei e delle cose che aveva fatto. Ogni volta che parlavo di lei, mi si illuminava l’anima; volevo essere lei, fare le cose che aveva fatto. Successe che, nei giorni a letto in ospedale, senza poter più muovere le mie gambe, mi sentii prendere da un terribile rimorso per tutte le fortune che avevo dato per scontato. Dato che la realtà di tutto quello che era successo procedeva inesorabilmente avanti nel tempo, feci l’unica cosa che potevo fare: iniziai a svegliarmi ogni mattina con l’obiettivo di fare ogni giorno del mio meglio fino a quando, più prima che poi, non avessi trovato quello che mi serviva per tornare a vivere di nuovo. Mi dissi che le cose sarebbero andate meglio in un modo o nell’altro, qualunque fosse il costo. Non vedevo alcuna luce in fondo al tunnel, ma continuai ad alzarmi con questo spirito tutte le mattine. Andavo in palestra, a scuola e ogni singola notte piangevo fino ad addormentarmi.

Come la pallacanestro ha cambiato la mia vita

Poi, un anno dopo, scoprii la pallacanestro in carrozzina. Capii subito che quella era la mia seconda possibilità e non avevo alcuna intenzione di darla per scontata. Una carrozzina da pallacanestro può costare dai 3000 ai 7000 dollari e io non avevo a disposizione tutti quei soldi. Perciò mi arrangiai come potevo; iniziai ad allenarmi sulla mia normale carrozzina per il primo mese, il che era orribile (se non avete disabilità, provate a immaginarvi di giocare a pallacanestro in infradito, ma circa cento volte peggio). Proprio nel momento in cui stavo per lasciar perdere, ricevetti una carrozzina da pallacanestro in prestito. Era troppo grande per me, ma era cento volte meglio che giocare sulla mia classica carrozzina da tutti i giorni; inoltre questo mi diede speranza e la motivazione necessaria per andare avanti. Poco tempo dopo venni a sapere di una meravigliosa organizzazione chiamata The Challenged Athletes Foundation che avrebbe potuto aiutarmi ad acquistare la carrozzina sportiva. Così mi iscrissi e sei mesi più tardi mi fu consegnata la mia prima carrozzina da pallacanestro.

Successivamente mi recai in un campo da pallacanestro in carrozzina seguito dall’allenatore della squadra femminile di pallacanestro in carrozzina dell’Università dell’Illinois. Su questo campo non ho solo incontrato atlete di alto livello, ma i miei occhi si aprirono anche a tutte le possibilità che venivano fuori da questa cosa: università che avevano squadre di pallacanestro in carrozzina e la possibilità di ottenere una borsa di studio per questo sport. Era una cosa impossibile da immaginare per me. Come avevo fatto a vivere tutta la mia vita senza aver mai sentito parlare di questo sport, per non parlare di tutte le fantastiche opportunità per le persone con disabilità? Improvvisamente riuscii a vedere la luce in fondo al tunnel e capii che era possibile raggiungerla. Non c’erano dubbi nella mia mente che avrei fatto di tutto per arrivare ai giochi Paralimpici. Sapevo che questo significava che avrei dovuto trasferirmi da tutt’altra parte a giocare a pallacanestro in carrozzina per una squadra dell’università, in modo da avere un allenatore, dei compagni di squadra e le competizioni necessarie per ottenere così una possibilità reale di farcela. Perciò tornai a casa e inizia a lavorarci. Passai ore e ore in palestra; ero lì ogni sera fino alla chiusura, sollevando pesi e allenandomi sulla carrozzina sportiva da sola. Capii anche cosa dovevo fare per entrare in una di queste università che aveva la squadra di pallacanestro in carrozzina. Mi iscrissi nuovamente all’università statale per seguire le ultime lezioni che mi servivano per poter richiedere il trasferimento e iniziai a fare domanda in tutte le università appropriate, oltre ad allenarmi il più possibile.

Leggi la seconda parte de “Il mio viaggio per Rio 2016”

L’AUTRICE

Medaglia d'oro ai Giochi Paralimpici, Megan Blunk vive attualmente a Gig Harbor, Washington. Poco dopo la maturità restò parzialmente paralizzata in un incidente in moto. Megan ha ottenuto una borsa di studio per giocare a pallacanestro in carrozzina presso l'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign, dove ha conseguito la laurea in Psicologia e dove presto terminerà il master in Scienze Sociali. Ama aiutare i bambini e gli adulti che stanno affrontando le proprie sfide. Dopo il suo incidente, Megan ha gareggiato in competizioni di kayak e di canoa, vincendo due medaglie d'argento per gli Stati Uniti ai Campionati del Mondo di Paracanoa Velocità della International Canoe Federation nel 2013 a Mosca, in Russia, finendo quarta nelle sue due gare. Nel 2015 ha vinto una medaglia d'oro con la squadra femminile americana di pallacanestro in carrozzina ai Parapan Am Games di Toronto. Diventare un membro della squadra americana per i Giochi Paralimpici di Rio 2016 è stato l’obiettivo di Megan negli ultimi anni e vincere la medaglia d'oro è stata certamente la ricompensa per il suo duro lavoro e per la sua grande determinazione. Il carattere, l'integrità e la passione di Megan la rendono la miglior ambasciatrice che gli Stati Uniti possano desiderare.  

Megan utilizza una Quickie 7R (Quickie Helium Freestyle in Europa). La sua carrozzina sportiva è una Quickie All Court.